Photo credits: inasoni.com

La professione del progettista grafico o dell’art director è una scelta di carriera estremamente flessibile che permettere di intraprendere diversi percorsi professionali apparentemente tutti gratificanti. Tuttavia, certe affermazioni di persone estranee alle dinamiche di questa professione (dall’amico al cliente al semplice profano), certe volte mi fanno dubitare minando le mie certezze. Ad esempio si dice che noi creativi godiamo di un fascino particolare e di non so quali vantaggi che ci vengono dal fare questo mestiere. By the way, è il caso di chiarire alcuni manintesi e sfatare certe leggende metropolitane che girano intorno al dorato mondo della comunicazione. Per questo ringrazio il blog Creative Opera per l’ispirazione.

È un lavoro semplice e divertente.
Se mi presento come creativo vengo scambiato per un inconcludente pazzoide. Viceversa, se dico che faccio il grafico può succedere che mi senta dire «Wow! Bello! Deve essere divertente fare un lavoro rilassante e poco impegnativo». Come se “giocare” per tutto il giorno con i programmi al computer fosse un simpatico passatempo, che oltretutto lascia anche molto tempo libero.

I designer non seguono delle regole precise.
Logica conseguenza del punto 1 è pensare che la progettazione grafica sia un lavoro per gente vivace che non si prende troppo sul serio. Un lavoro da fare senza ritmi forsennati, senza scadenze precise. Un giorno sì, due no, dipende come ci si sveglia. Un gioco. Ma anche il più divertente dei giochi ha delle regole. Per cui sarebbe il caso di smettere di pensare che la progettazione grafica sia un lavoro poco serio.

Grazie a Internet tutti possono diventare dei bravi grafici.
È un link automatico che fanno in tanti: ho un computer, quindi posso fare il grafico. Su internet si possono trovare una miriade di tutorials, programmi, foto, clip art, template per siti internet, strumenti per lavorare. Smanettare un po’ con photoshop e conoscere qualche rudimento di impaginazione e progettazione web non farà di di te un designer professionista se fino a ieri facevi l’assicuratore. È necessario avere preparazione, esperienza, gusto, passione, tecnica, metodo e tante altre cose che, sfortunatamente, non si trovano in internet.

I neo diplomati dello IED trovano subito lavoro.
Passano il tempo a studiare e utilizzare strumenti per la progettazione grafica in maniera assolutamente scolastica e con i tempi della scuola. Tutto da manuale. Ma, come diceva Robert De Niro in Ronin, “la mappa non è il territorio”. Hanno la presunzione (a volte tacitamente avallata da certi docenti) che una volta diplomati il mondo del lavoro li accoglierà a braccia aperte fornendogli immediatamente un contratto a tempo indeterminato in una prestigiosa agenzia, salvo poi deprimersi al primo colloquio. In genere, la prima domanda che ti pongono, invece di essere “Di cosa si occupa l’agenzia?” di solito è “Quanto mi date?”. Continuate a sognare.

I graphic designer guadagnano bene.
È un luogo comune. Lavoriamo poco e male. Guadagnamo di conseguenza. Il nostro lavoro è diventato sempre più inflazionato e competitivo. Ci sono professionisti, il più delle volte improvvisati (si veda al punto 3), disposti a lavorare per meno con un inevitabile impoverimento della qualità, dei guadagni e quindi del nostro tenore di vita. È un continuo gioco al ribasso. Da un lato i professionisti “dell’ultima ora”, che oltre a non avere esperienza e titolo non hanno nemmeno i parametri “economici” per valutare un lavoro. Dall’altro i professionisti veri che faticano a stare sul mercato in quanto economicamente poco competitivi. Ormai la concorrenza ha assunto le sembianze di una pratica tipica delle popolazioni native dell’America Settentrionale nota col termine di “Potlach”. Il Potlach, oltre ad essere un rito che si atteneva al principio del dare-avere, era anche un’occasione di “dispendio gratuito”, finalizzato all’affermazione del prestigio personale, che può giungere a forme particolarmente esasperate come la distruzione di propri beni di fronte agli occhi degli altri capi villaggio, in modo da riaffermare prestigio e potere sugli altri. Come dire ad un cliente: «Se lui può farti il lavoro per meno soldi io sono disposto anche a fare a meno del mio computer, perciò lo distruggo». Più o meno una cosa del genere…


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