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Un marchio può costare come un pranzo?

Pubblicato da antonio_filigno il 11 Novembre 201011 Novembre 2010

La massificazione delle tecnologie hardware e software regna sovrana sulla percezione positiva o negativa della qualità di un contenuto. Grazie alla globalizzazione, ad esempio, oggi è possibile acquistare on line a meno di 100 euro un marchio, con tanto di immagine coordinata e guidelines. E la creatività? La capacità di stupire, di meravigliare, di approfondire, di ricercare, dove sono andate a finire. Semplicemente sono state messe da parte. Da un lato perché considerate dispersive e dispendiose, dall’altro perché oggi non ci sono più dirigenti di aziende dotati di cultura e di gusto estetico per apprezzare un marchio studiato apposta per loro, e per comprendere quanto sia importante l’immagine aziendale. E non importa se su internet  lo stesso marchio possono comprarselo altre cento aziende, col rischio, seppur remoto, che un giorno due dirigenti si scambino un biglietto da visita che si differenzia solo per il nome  e, forse, il colore.
Il marchio è la prima impressione che un’azienda suscita in un potenziale cliente. 
Ha il potere di far sembrare grande un’azienda senza che necessariamente lo sia. Può farla apparire divertente, austera o ancora dinamica e professionale. Esso rappresenta una delle forme di comunicazione più forti ed immediate e gioca un ruolo rilevante nel condizionare le scelte dei consumatori. Ciò che trasmette il marchio è la narrazione di un’azione, in cui un soggetto si propone di ottenere un obiettivo e per raggiungerlo compie un’azione. La realizzazione di un logo da associare ad un nuovo prodotto, o un’azienda che nasce, è impresa a volte assai ardua. La scelta dei font, i colori, i simboli che funzionino non è né semplice né immediata, perché il logo deve avere una doppia anima. Da un lato deve essere attraente per il pubblico, dall’altro rappresentare sul mercato il soggetto a cui si riconduce, esaltandone le caratteristiche salienti: forza, unicità, valori. Deve essere perciò originale ma leggibile. Non deve invecchiare in fretta, rappresenterà l’azienda per molti anni. Chi fa il designer seriamente sa quanto sia lungo e complesso il procedimento di assimilazione e sedimentazione nella memoria del consumatore. Sarebbe opportuno evitare vezzi grafici e stilemi tipici delle mode e delle tecnologie del momento. Ricordo con terrore il periodo dei filtri “embossing” e “shading” di Photoshop che impazzavano su qualsiasi marchio.
In conclusione, un logo acquistato a buon mercato su internet, realizzato “in catena di montaggio” in 2 giorni, difficilmente soddisfa tutte le caratteristiche elencate. Addirittura potrebbe essere stato realizzato sfruttando delle clip art royalty free che possono essere acquistabili da chiunque, vanificandone l’unicità e soprattutto l’espressività dell’anima dell’azienda.
Categorie: appuntidesign
Tag: costidesigngraphicsguidelinesimmagineLogomarchio

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Antonio Filigno
Graphic designer
TORINO - Italy
antonio@antoniofiligno.com

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