La prima domanda che di solito ci si pone prima di iniziare un nuovo lavoro è: «Da dove comincio?». Niente panico, ci sono vari approcci. Quello più sensato è quello dei designer “all’antica”, quelli che facevano tutto a mano, ovvero farsi venire delle ideeprendere matita, foglio e cominciare a schizzare. Questa pratica è ormai caduta in disuso. Oggi i designer di nuova generazione, cresciuti a pane e Photoshop, hanno la sindrome da foglio bianco. Non riescono a cominciare un lavoro senza mettere mano al computer per cercare una foto o un’illustrazione da cui trarre ispirazione, o peggio, da copiare integralmente. Ci sono poi i designer “smart”, quelli che hanno un talento naturale. Il ché non è né un merito né un traguardo, semmai un punto di partenza. Se il talento non viene coltivato serve a poco. Detto ciò, qual è la ricetta per essere un designer  migliore? L’utilizzo indiscriminato delle risorse della rete o la ricerca, l’approfondimento e l’applicazione nel farsi venire idee? L’ideale è un mix delle due cose. Vediamo perché.
Ispirarsi.
La rete è piena di siti internet e blog in continuo aggiornamento, che offrono una grande quantità di risorse e ispirazioni, gratis o a pagamento. Sicuramente è un vantaggio per quei designer che vogliono realizzare un progetto “low cost” in tempi rapidi col minimo sforzo a pensiero e costo zero. La norma in tempi di crisi come quelli odierni. Il rovescio della medaglia è che dopo un po’ ci si impigrisce. Si entra in un vortice: poco tempo, poco guadagno, poca soddisfazione: quindi copio. Il pensiero creativo perde forza e diminuiscono le capacità di sviluppo.
In più, viene meno un requisito fondamentale di un buon progettista grafico: l’unicità. Roberto Gervaso disse: «Il plagio è un atto di omaggio. Chi copia ammira». Sarà. Rimane il fatto che l’utilizzo, parziale o totale, di “freebies” a disposizione di tutti può creare problemi. Un designer pigro oltre a trarre ispirazione da un materiale esistente, è tendenzialmente portato (per la sua pigrizia) a non modificarlo in maniera sostanziale, correndo il rischio di presentare un progetto molto simile a un altro, con conseguente imbarazzo qualora il cliente se ne accorgesse.
Inoltre, la ricerca spasmodica, compulsiva di risorse presenti in rete causa un livello di distrazione molto alto. L’enorme quantità di siti internet e blog, “linkati” gli uni con gli altri, contribuiscono a creare confusione nella testa facendo saltare la mente da un’idea all’altra e perdendo di vista il focus del progetto, con uno spreco enorme di tempo.
Applicarsi.
I designer “all’antica”, che prediligono usare il cervello e partire da zero per concepire un’idea, sicuramente hanno dei benefici nello sviluppo delle proprie capacità, oltre che un certo senso d’orgoglio, nel veder concretizzarsi le proprie idee. Quando si lavora contando sulla propria ispirazione non esistono limiti all’immaginazione e alla creatività, e un progetto prodotto “ex novo” è unico, e può addirittura creare un trend a cui saranno altri designer a ispirarsi. Unica controindicazione: i tempi. “Rubacchiare” una risorsa in rete fa risparmiare tempo, oggi più che mai prezioso e fattore determinante nella scelta di un fornitore, visto che la creatività pare non interessare più a nessun cliente. Mettersi a pensare e finalizzare un progetto, comporta un impiego di tempo maggiore rispetto ad uno “liberamente tratto da…”, e non sempre, anzi quasi mai, gli si può dedicare tutto il tempo che meriterebbe per essere sviluppato al meglio.
In conclusione, un approccio ideale per sviluppare un progetto è un mix di ispirazione e applicazione nella ricerca del risultato migliore. La consultazione delle fonti ispiratrici fornite da internet, dai libri e dalle riviste offre una panoramica aggiornata sui gusti e sulle tendenze grafiche del momento. Però deve esserci la capacità e l’applicazione di elaborare la risorsa dando quel tocco personale in più in grado di caratterizzare il progetto rendendolo personale e unico. Alla fine sarà soddisfatto il designer e il cliente.

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